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Grotte di Pradis

Grotte di Pradis: studiare gruppi umani di 13.000 anni fa

Un gruppo di lavoro, guidato da ricercatori dell’Alma Mater Studiorum, ha compiuto una scoperta sensazionale quanto, come dire, “tenera”: un dente da latte perso da un bambino di undici o dodici anni in uno dei “ripari” delle Grotte di Pradis, nelle Prealpi Friulane. Il ritrovamento ha permesso di ricostruire con una certa esattezza gli spostamenti e le attività “vitali” del clan del bambino, in determinate stagioni dell’anno, aggiungendo un tassello al puzzle delle abitudini delle popolazioni del Nord Italia di 13.000 anni fa.

Qualcuno dice che le pietre non gli parlano. E’ legittimo, sia chiaro. C’è da sperare, ovviamente, che di mestiere questa persona non faccia l’archeologo o il geologo. Qui non siamo davanti ad una pietra, bensì ad un dente di un bambino, o di un ragazzino. I corpi, i frammenti dei corpi, anche se fossilizzati, magari divenuti anch’essi come pietra, ci “parlano” quasi sempre. Certo, è una “lingua del silenzio”. E poi c’è un’immobilità dalla quale non si può tornare indietro. Un arto, una cassa toracica, una dentatura intera o, ecco, un dente singolo… sono immoti, oltre che muti. Possiamo soltanto immaginare un movimento, delle dita che si stringono, si aggrappano, o le ossa di quella cassa toracica che si alzano e si abbassano, assieme al respiro. O quei denti masticare, strappare un pezzo di carne. Eppure tutto questo ci risulta possibile, “giunge” ai nostri sensi empatici più facilmente dell’immaginazione di un piede e del suo scalpiccìo su una strada romana, della quale vediamo “solo” la pietra. Un frammento di dentino, ecco… e il senso dell’empatia è già al lavoro. Anche se non siamo studiosi di antichità. 

Grotte di Pradis: le popolazioni del Nord Italia e la caccia

Matteo Romandini, ricercatore al Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna e direttore del Museo della Grotta di Pradis, è uno degli autori dello studio. Egli spiega: «E’ la prima testimonianza diretta delle strategie di mobilità stagionale dei gruppi umani presenti nel Nord Italia durante il tardo Paleolitico superiore». Il gruppo di cacciatori-raccoglitori di cui faceva parte il bambino raggiungeva stagionalmente quella zona delle Prealpi Friulane con un obiettivo preciso, che era quello di cacciare marmotte. Era un gruppo, dicevamo prima, di cacciatori-raccoglitori: dunque queste popolazioni erano carnivore ma si cibavano anche di “alimenti commestibili” raccolti nei territori da loro abitati. Erbe e frutti spontanei, o funghi, fanno parte, ad esempio, di ciò che si può “raccogliere”. E’ solo un esempio e, comunque, a noi interessa ciò su cui si sono focalizzati i ricercatori di Bologna: il dente del bambino e la sua “storia”.

Un universo in un dente da latte

Il dente del ragazzino ritrovato nelle Grotte di Pradis ha permesso ai ricercatori di Bologna di ricostruire altri “angoli del quadro” esistenziale del bambino stesso e del suo clan, della sua “famiglia”. Non si tratta solo di frammenti chimici di ciò che il ragazzino mangiava, lì sulle Prealpi. Sono state focalizzate le prime fasi della vita del bambino ed anche le condizioni della madre durante la gestazione. A questo proposito, il prof. Romandini sottolinea che la situazione individuale di una gestante e il contesto di una gravidanza «ci consegnano informazioni importanti sulla struttura sociale del gruppo di cacciatori-raccoglitori». E’ chiaro, cioè, che i modi e le condizioni di un parto, evento “sociale”, addirittura “rituale” in tante culture, ci dicono tantissimo della “struttura” della vita di un gruppo umano. Davvero un lavoro entusiasmante per gli studiosi dell’Alma Mater.

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