
Relitto dell’Ottocento al Lido di Venezia: gli studi dei ricercatori dell’università di Udine
Gli archeosub dell’Ateneo di Udine hanno terminato la prima campagna di indagini archeologiche subacquee, che si è svolta nelle acque antistanti la spiaggia di San Nicoletto. È, questa, una delle porzioni di arenile più gettonate, per godersi una giornata di relax in Laguna. Sulla spiaggia di San Nicoletto il “rito della villeggiatura” è intensamente vissuto da veneziani e da turisti: una sabbia dorata e finissima, servizio ombrelloni, aree giochi per i piccoli, bar, un ristorante, e poi… un’acqua “Bandiera blu”. Ma stavolta il “set” del lido era occupato da ragazzi impegnati a ricostruire la “vita antica” dell’Adriatico, delle sue sponde, dei suoi attracchi, dei suoi commerci.
Una delle foto del team di ricerca dell’Università di Udine, guidato dal professor Massimo Capulli, ci dice tanto sull’entusiasmo dei dottori di ricerca della facoltà. La foto è chiara, luminosa: siamo sulla barca, prima – o dopo – la ricognizione, e i tutti ragazzi sfoggiano degli occhiali scuri (necessari con questo sole) e una t-shirt di un arancione intenso ed “allegro”, con sopra il nome e il logo della loro Università. Una ricercatrice indica con le dita proprio la scritta della maglietta. Orgoglio d’Ateneo, giusto e sano.
L’“incontro” con il relitto
L’oggetto archeologico attorno a cui ruota tutto l’impegno di queste giornate è un relitto dell’Ottocento, uno scafo ligneo con carico lapideo, ossia una imbarcazione “commerciale” che trasportava materiale che doveva servire per delle costruzioni in “pietra” – edifici civili, opere monumentali, ecc. -. Chiamare “relitto” – anche se il termine appropriato è proprio questo… – quello che, di fatto, è un “pezzo” dell’“universo” professionale di questi ragazzi che dedicano la vita allo studio, sembra quasi bizzarro… Per loro non c’è nulla di più “vivo”, di più attuale, di più “completo” nella propria bellezza. Ad ogni modo per i ricercatori queste sono esperienze fondamentali.
Le acque come “un libro”: tanti “luoghi-testo” per gli archeologi subacquei
Come sottolinea il professor Capulli, docente di Metodologia della Ricerca Archeologica, i dottori di ricerca «hanno potuto non solo migliorare le proprie abilità acquatiche e fare esperienza nell’utilizzo degli strumenti del mestiere, ma hanno anche avuto la possibilità di rapportarsi a un “reperto” particolare qual è una nave: si tratta di studiare i resti di una macchina complessa in cui ogni elemento ligneo è un manufatto realizzato ad hoc per inserirsi in un progetto organico e funzionale». Sì…quel “relitto” è una pagina, è un testo. O meglio, un volume composto da molteplici testi. Abbiamo bisogno di questi giovani ricercatori che si “tuffano” – letteralmente – nello “studio” con quella luce e quell’allegria che abbiamo visto sulle loro foto.